500 anni fa fu realizzato un complicato sistema
sotterraneo di cunicoli per la raccolta e la conservazioni
delle acque piovane.
di Manuel Bastioni,1997
Giulianova, come molte altre citta', a causa di un
progresso urbanistico mal gestito, ha perso gran parte
della sua antica bellezza, sacrificando tutte le sue
risorse in favore di un banale ma redditizio sviluppo
costiero. Pur lasciata a se stessa, la citta' alta
sorprende spesso, rivelando, a chi pazientemente la studia,
piccoli gioielli di architettura antica. Elementi "in via
di estinzione" a causa del processo di stratificazione
dovuto al tempo e ai restauri mai eseguiti. Gli edifici
rinascimentali sono infatti letteralmente coperti,
schiacciati, assorbiti, mutilati dalle ondate di edilizia
successiva; in particolare gli ultimi cento anni sono stati
un vero e proprio colpo di grazia alle testimonianze
storiche che avevamo. Cio' che si trova sulla superficie di
Giulianova sta insomma sparendo sotto i nostri occhi,
nell'indifferenza totale della maggior parte dei cittadini
giuliesi. Ma la citta' antica ci offre una possibilita' in
piu' per effettuare le nostre indagini; essa infatti, al
riparo dalle manomissioni moderne, custodisce una struttura
quasi totalmente inviolata fin dalla sua costruzione, che
potrebbe rivelarci elementi sicuri sulla primissima
fondazione acquaviviana: un sistema di cunicoli sotterranei
organizzato in modo da formare una complessa opera di
ingegneria idraulica. Il primo importante dato che potremmo
trarne e' un ulteriore contributo all'identificazione del
progettista della citta'. Gia' in base alle poche, sparute
conoscenze attuali, dobbiamo riconoscere a costui
un'abilita' non comune al suo tempo; vediamo il
perché. L'acquedotto piu' semplice, realizzato gia'
da tempi antichissimi, consiste nell'incanalare l'acqua
pura direttamente dai fiumi o dai laghi, sfruttando il
principio dei vasi comunicanti mediante condutture di
pendenza costante.
Disegno ricavato dai trattati di Francesco Di
Giorgio Martini: si vede la soluzione piu' semplice,
adottabile soltanto quando si ha una sorgente su un punto
piu' alto (A). Lungo il percorso vi e' una cisterna di
decantazione (B) con due sfiatatoi ed un pozzo di ispezione
(C); infine l'uscita nella fontana (D). Strutture del tipo
B e C erano sicuramente presenti anche a Giulianova.
A Giulianova il problema non era cosi'
semplice;l'idrografia del territorio non permetteva
l'applicazione di questo metodo, non essendoci nei dintorni
una sorgente di acqua posta ad un livello piu' alto della
citta'. L'architetto, per non ricorrere a decine di
chilometri di condotto avra' cercato necessariamente di
individuare delle falde sotterranee usando una serie di
metodi basati sull'osservazione di determinati fenomeni
naturali. Diversi trattatisti descrivono questi sistemi.
Fra essi Francesco di Giorgio Martini e' uno dei piu'
chiari ed esaurienti. Grazie a lui possiamo avere un'idea
della complessa procedura che il nostro architetto avra'
dovuto seguire per trovare l'acqua. Un primo orientamento
erano i tipi di erbe ed alberi che crescono in
corrispondenza di terreni molto umidi (e quindi sopra le
falde): giunco, canne, edera, unghia cavallina, solatro,
turina coda di cavallo e felce sono erbe indicatrici,
mentre anche l'ontano, il salice, il pioppo nero ed il
frassino segnalano la presenza di acqua in profondita'. A
questo primo esame seguiva l'osservazione delle terre,
assai piu' importante; a seconda del terreno l'acqua poteva
essere piu' o meno presente, pulita o sporca, buona o
cattiva etc... Questa fase era molto accurata e veniva
presa in considerazione una grande varieta' di casi: creta,
tufo, sabbione, ghiaia, sabbia dura, rena, carbunculo,
selce, sasso rosso, etc... L'ultima operazione era
costituita da una serie di prove sperimentali, alcune
abbastanza complicate, basate essenzialmente sul fenomeno
dell'evaporazione. La ricerca di una falda avra' richiesto
quindi una notevole esperienza, considerando soprattutto
che la collina giuliese e' coperta prevalentemente da
terreno argilloso, che essendo impermeabile, impedisce
all'acqua di scendere in profondita', e quindi di
accumularsi, come d'altronde ricorda lo stesso Martini:
"Nel terreno da vasi e vasi, overo crete non e' da cercare,
non si trovara' acqua per nulla, perché non essendo
porosa, non ha concavita' né acqua che in sé
genera". A complicare ulteriormente la problematica
giuliese c'e' anche la vicinanza del mare, che crea cuscini
di acqua salata che fungono da contenitore dell'acqua
dolce. Un problema in piu' per il sistema di erogazione,
che non doveva attingere l'aqua marina. La qualita' di
un'eventuale falda giuliese non poteva quindi essere molto
alta, tuttavia il problema fu risolto, e in maniera molto
soddisfacente, perché, in caso di assedio un guasto
all'acquedotto o una pur momentanea diminuzione della
portata avrebbero potuto essere fatali. Non
dimentichiamoci, infatti che Giulianova era una
cittadinella militare, motivo in piu' per scegliere la
difficile ricerca di acque locali invece di convogliarle
dall'esterno attraverso tubazioni che potevano essere
facilmente tagliate dal nemico. Come e' stata realizzata
dunque questa difficile opera di ingegneria? Di cio' che ne
rimane abbiamo purtroppo solo una vaghissima idea: secondo
alcune voci, le acque venivano convogliate da due
collettori principali, provenienti da due zone poste agli
antipodi dell'abitato antico (P.zza Belvedere e Via
Dell'Asilo) in un bacino sotterraneo sotto al punto in cui
oggi sorge il Municipio. Da li' avrebbero alimentato alcune
fontane sul pendio est della collina (segnalazione del
signor Filippo D'Ilio). Il signor Filippo D'Ilio seppe, da
un cantoniere del comune, che nel 1940 un gruppo di operai
risalirono un buon tratto delle condotte, accedendovi dalla
fontana di fronte al confettificio Orsini, e alla fine del
percorso, si trovarono di fronte ad una "vasca" da cui
partiva un altro condotto diretto verso sud. Infine abbiamo
url idea dell'aspetto dei condotti grazie ad un
ritrovamento casuale avvenuto in occasione di lavori di
manutenzione stradale di fronte alla statua di Gaetano
Braga. Tutto cio' che a suo tempo fu ricavato da quella
situazione e' stata soltanto qualche foto. Le immagini ci
mostrano comunque l'alto grado di finitura dei condotti
realizzati in laterizi e coperti a volta a botte.
La traccia dei condotti emersa durante dei lavori
di rifacimento del manto stradale. Si osservi il buono
stato dei mattoni, nonostante il trascorrere di 500 anni,
segno di un'accuratissima progettazione.
Qualche anno fa vi fu un ulteriore ritrovamento
casuale, ben piu' importante: nella Piazza Buozzi, in
prossimita' del Duomo, fu scoperta una cisterna di
decantazione, per molti aspetti simile a quella utilizzata
sotto il cortile d'onore del palazzo ducale di Urbino. La
cisterna era stata gia' deturpata da lavori per alcuni
impianti inerenti S. Flaviano, ma fu l'amministrazione a
dare il colpo di grazia, interrando completamente la
struttura dopo appena due giorni (nonostante gli appelli di
alcuni cittadini). Ovviamente non abbiamo neppure una foto.
Tornando alle soluzioni tecnologiche adottate dal nostro
architetto, possiamo fare ancora delle supposizioni. e'
possibile che questi, dopo aver verificato la qualita' non
sufficiente delle falde locali, abbia deciso di integrarle
con l'acqua piovana; volgendo a suo favore la natura
impermeabile del nostro suolo e la pendenza naturale del
terreno (l'ubicazione del bacino di raccolta e' infatti ai
piedi del pendio abitato). Per documentarci su questo
aspetto, abbiamo cercato un applicazione concreta (vicina
al nostro caso) di utilizzarlo di acqua piovana;l'abbiamo
trovata in un'opera alla quale ha partecipato Francesco Di
Giorgio Martini: il palazzo Ducale di Urbino. Nella dimora
del duca di Montefeltro, i sistemi di approviggionamento
idrico usati sono tre: tutti basati sulla raccolta di acque
piovane, ma studiati in modo da differenziare la qualita'
di acqua fornita, a secondo della destinazione. Per le
cucine ad esempio, un sistema tecnologicamente molto curato
di raccolta, filtraggio e conservazione, posto sotto il
cortile d'onore, e' in grado di fornire acqua potabile
purissima, meno raffinato e' il sistema per le lavanderie,
la tintoria e la neviera e ancora piu' semplice e' quello
per le stalle. Visto le numerose corrispondenze tra il
palazzo urbinate e il palazzo ducale giuliese (Mario
Montebello, "Francesco Di Giorgio Martini e
Giulianova",1994; Mario Montebello, "Il palazzo ducale a
Giulianova", 1988) sarebbe il caso di controllare che tali
raffinati sistemi non siano stati usati anche da noi. A
questo punto, riconosciute le difficolta' affrontate nella
costruzione di un acquedotto giuliese, e di conseguenza
l'abilita' non comune del progettista, possiamo dare il
nostro contributo alla sua identificazione, dicendo con
certezza che non poteva essere un semplice tecnico locale,
ma un architetto ed ingegnere dotato di una esperienza e di
un bagaglio culturale che vanno ben oltre i confini
abruzzesi.
Alcuni sistemi di filtraggio e conservazione
delle acque, restituite da alcuni disegni dei trattati di
Francesco Di Giorgio Martini.
Oltre a questo vi e' un altro fondamentale motivo
alla base dell'importanza dei condotti giuliesi per la
comprensione della nostra storia. Per capirlo basterebbe
dare uno sguardo allo schema del sistema di
approvvigionamento idrico e fognario del palazzo di Urbino:
le localizzazioni delle diverse cisterne, degli scivoli per
i rifiuti solidi, delle caditoie e dei pozzetti, forniscono
una esatta proiezione della pianta dell'edificio,
individuando con precisione anche la funzione di ogni
singola stanza; infatti i condotti piu' filtrati
individuano le cucine, gli scivoli indicano la stalla, le
caditoie corrispondono ai bagni etc... A Giulianova
potremmo avere quindi ulteriore materiale per
l'identificazione del palazzo ducale e non solo; in ambito
urbanistico, sapendo quali zone venivano servite
dall'acquedotto, potremmo addirittura individuare la
divisione originaria delle funzioni sociali ed economiche,
anche fuori dalle mura.
Una cartina riassuntiva del territorio con le
ubicazioni ricavate dalle varie segnalazioni.
Purtroppo, le manomissioni avvenute nell'ultimo
secolo hanno irrimediabilmente compromesso il delicato
equilibrio del sistema, che aveva, come valvole d'uscita
per il "troppo pieno" una serie di sbocchi nelle fontane.
Con la demolizione di alcune di queste ultime, l'acqua, non
potendo piu' uscire si e' infiltrata nella collina
giuliese, indebolendone la stabilita'. Si presume quindi
che per questo motivo molti condotti stiano crollando,
rischiando cosi' di perdere per l'ennesima volta, un altro
tassello della storia italiana.